Una interessante pronuncia in tema di requisiti di esperibilità dell’azione revocatoria

Il Tribunale di Roma, Sezione Fallimentare, si pronuncia sull’interessante tematica relativa agli ulteriori requisiti di esperibilità dell’azione revocatoria (art. 67 della Legge fallimentare) avverso i soci e il liquidatore di una società di capitali estinta.

In particolare, secondo la Corte capitolina, affinchè i creditori sociali possano validamente esperire la predetta azione dovrà essere dimostrata l’esistenza degli ulteriori presupposti ex art. 2495, comma 2, Cod. civ., norma che dispone: «[…] dopo la cancellazione i creditori sociali possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci […] e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi […]».

Dunque, i creditori sociali dovranno adeguatamente provare come i soci della estinta società e il liquidatore abbiano, rispettivamente, percepito all’atto del riparto quote dell’attivo sociale o infedelmente adempiuto ai propri obblighi.

Il Tribunale di Roma, relativamente alla responsabilità dei soci, ha quindi fatto buon uso di quanto stabilito dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione nella sentenza n. 6070/2013. La Suprema Corte, infatti, ha chiarito come sia trasmissibile ai soci della società estinta a seguito di cancellazione dal registro delle imprese tutto il fascio di obbligazioni in origine facenti capo all’ente, da ciò derivando la responsabilità dei soci per le predette obbligazioni. Essi, infatti, ne risponderanno nei limiti di quanto abbiano percepito a seguito di liquidazione o, diversamente, illimitatamente, qualora a società ancora attiva essi fossero illimitatamente responsabili per i debiti sociali. Si tenga presente, sotto il profilo del riparto dell’onere della prova, come l’attore dovrà dimostrare, qualora voglia far valere la responsabilità “limitata” dei soci, che l’importo riscosso da questi ultimi in occasione della liquidazione sia superiore o comunque uguale a quello da egli preteso.

Per quanto concerne, invece, il versante del liquidatore, occorre ricordare come la stessa Cassazione, con l’ordinanza n. 521/2020, abbia stabilito come il creditore insoddisfatto del riparto debba provare la violazione, da parte del liquidatore, della par condicio creditorum e, più in dettaglio, l’esistenza di un proprio credito – liquido, esigibile ed esistente al momento dell’apertura della fase di liquidazione – e la pretermissione a vantaggio degli altri creditori.