Sulla natura della denuntiatio relativa alla cessione di quote del socio di s.r.l.

Il Tribunale di Milano, con l’interessante ordinanza del 28/01/2020, si è soffermato sulla natura giuridica della c.d. denuntiatio, vale a dire dell’atto di “denuncia” attraverso cui un socio di s.r.l. manifesta alla compagine sociale la propria intenzione di cedere le partecipazioni di cui abbia la titolarità.

Sotto questo profilo, in realtà, non vi è orientamento concorde nella giurisprudenza – così come, per la verità, nella dottrina che si è occupata della quaestio – giacché, fatto salvo il conforme precedente seguito in questa occasione dalla Corte meneghina – sono da segnalare pronunce di altre corti che si discostano dall’interpretazione offerta nell’ordinanza qui in commento (cfr. ex multis, la risalente sentenza del Tribunale di Cassino del 7/10/2011 in tema di clausola di prelazione c.d. non dettagliata inserita nello statuto, ove alla denuntiatio è stata attribuita natura di vera e propria offerta contrattuale).

Ebbene, secondo il Tribunale di Milano, che come si diceva ha inteso ribadire l’orientamento interpretativo già in passato più volte affermato, alla c.d. denuntiatio non può essere in alcun modo attribuita natura di “offerta contrattuale”, a meno che ciò, nella sfera della libertà concessa dalla Legge in sede di stesura dello statuto sociale, non sia ivi esplicitamente previsto.

Diversamente, la denuncia integrerà la semplice forma del c.d. “invito a contrarre”, il cui unico obiettivo va individuato nella necessità che gli altri soci-oblati vengano a conoscenza dell’intenzione del socio-disponente di cedere la propria quota, oltre che, naturalmente, delle condizioni a cui tale cessione avverrà.

Ne deriva che, a seguito della denuntiatio, non sorgerà alcuna forma d’obbligo a carico del promittente (cioè del socio-disponente) il quale, dunque, sarà certamente libero, ove lo ritenga opportuno, di non concludere il contratto, dovendo, tuttavia, preferire, qualora intenda stipulare il negozio di cessione, il socio-oblato (in ragione, appunto, della prelazione).

Dunque, secondo la Corte meneghina, il socio-oblato non potrà ritenere di aver costituito alcun rapporto contrattuale mediante la propria manifestazione di volontà conseguente alla denuncia e, specularmente, il promittente non sarà soggetto all’eventuale “accettazione” che il predetto socio-oblato abbia inteso a sua volta esternare.

Per concludere, e in ragione di quanto detto, la prelazione esercitabile dagli altri soci nel caso di cessione di quote da parte di uno di essi, dovrà intendersi alla stregua di patto estraneo al vero e proprio contratto di cessione di quote, giacché tale ultimo negozio, al fine di potersi dire concluso, sconterà della necessità di una ulteriore accettazione del socio-disponente-denunziante.