Sovraindebitamento: il fideiussore può essere considerato consumatore e come tale accedere alla procedura?

Il dibattito in ordine alla possibilità per il fideiussore di essere considerato alla stregua del consumatore e, dunque, come tale accedere alla procedura di sovaindebitamento, non viene risolto nemmeno dal Codice della Crisi e, pertanto, per dirimere la questione è necessario utilizzare i “vecchi” orientamenti giurisprudenziali.

Secondo un primo orientamento (c.d. di rimbalzo), la natura imprenditoriale o professionale del debitore garantito, di riflesso, conferirebbe la medesima natura anche al garante (i.e. fideiussore), escludendolo dall’accesso alla procedura.

Sostanzialmente, secondo il suesposto orientamento, tutto dipenderebbe dalla natura dei debiti del soggetto garantito, ossia, se tali debiti fossero stati contratti per far fronte a scopi imprenditoriali o professionali. Il fideiussore per definizione andrebbe considerato imprenditore o professionista, indipendentemente da qualunque altra considerazione.

Un secondo orientamento (c.d. funzionalistico) sostiene, invece, che il fideiussore potrebbe sempre accedere alla procedura riservata ai consumatori, al di là della natura dei debiti garantiti, semplicemente a patto di aver prestato la garanzia per ragioni estranee a qualsiasi attività imprenditoriale o professionale. Ciò che conta, dunque, è verificare per quale scopo i debiti siano stati contratti non dal debitore garantito, ma dal garante.

La giurisprudenza antecedente al Codice della Crisi era divisa tra i suddetti orientamenti.

Il Tribunale di Milano, ad esempio, in un caso riguardante un soggetto il cui indebitamento derivava in gran parte da una fideiussione prestata a favore di una società della quale quel soggetto era stato fino a poco tempo prima sia socio unico, sia amministratore unico, aveva ritenuto inammissibile la domanda aderendo al primo orientamento. Sulla stessa “scia” si era pronunciato anche il Tribunale di Bergamo.

Il secondo orientamento, tuttavia, è stato fatto proprio dalla Corte di Giustizia Europea e dalla Cassazione, dalle quali proviene l’invito rivolto alla giurisprudenza di merito ad applicare la “giustizia del caso concreto”, al di là dei formalismi automatici ai quali potrebbe condurre la rigida applicazione della tesi “di rimbalzo”.

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