La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 6027/2021 ha statuito che l’adempimento della prestazione di controllo, a cui sono tenuti i sindaci di società per azioni, è suscettibile di essere considerato partitamente, anno per anno: ed è con riferimento a questa unità di misura (della singola annualità) che, in caso di eccezione d’inadempimento, l’inadempimento dell’obbligazione di controllo deve venire a confrontarsi in relazione al riconoscimento del diritto al compenso del sindaco.
Il caso
La domanda del sindaco di una società per azioni dichiarata fallita di ammissione al passivo del credito per la retribuzione delle prestazioni di controllo svolte in favore della società, poi dichiarata fallita nel periodo di quattro anni, è stata rigettata dal Giudice delegato al fallimento sul motivo dell’inadempimento del collegio sindacale nell’intero periodo considerato.
Proposta opposizione allo stato passivo avverso quel provvedimento, il Tribunale ha parzialmente accolto l’opposizione, sul duplice rilievo, da un lato, che il curatore aveva evidenziato rilievi di inadempimento con riguardo ad una sola annualità di prestazioni, e, dall’altro lato, che la prestazione del sindaco, pur svolta continuativamente, sia da suddividere in prestazioni autonome in ragione dei diversi esercizi annuali; e ha pertanto ammesso al passivo il credito del sindaco per le prestazioni di controllo rese nell’arco dei tre anni successivi all’inadempimento dedotto.
Con il provvedimento in rassegna, la Corte di cassazione ha rigettato il ricorso proposto avverso il decreto reso dal Tribunale, che ha pertanto confermato.
Impatti pratico-operativi
La questione sottoposta alla decisione della Suprema Corte concerne l’applicazione del rimedio dell’eccezione di inadempimento di cui all’art. 1460 c.c. con specifico riguardo al rapporto contrattuale intercorso tra i sindaci di società per azioni e la società soggetta al suo controllo.
La norma richiamata consente, infatti, a ciascuna delle parti di un contratto a prestazioni corrispettive di rifiutare legittimamente l’adempimento della propria prestazione, qualora l’altra parte non adempia la propria. Sicché, invocando tale rimedio, il curatore del fallimento ha rifiutato il pagamento del compenso al sindaco, sul rilievo dell’inadempimento da parte di quest’ultimo della sua prestazione di controllo.
Nella fattispecie, la prestazione di controllo – in relazione alla quale il sindaco aveva vantato il credito per il compenso – era stata svolta nell’arco di più esercizi annuali; e l’inadempimento era stato dedotto solamente con riguardo a uno di essi, e precisamente al primo.
Altresì, si deve osservare che nel caso di specie si configura un contratto a esecuzione continuata o protratta nel tempo, relativamente al quale il primo comma dell’art. 1458 c.c. dispone che “l’effetto della risoluzione non si estende alle prestazioni già eseguite”. Correlativamente, pertanto, anche ai fini dell’applicazione del rimedio dell’eccezione d’inadempimento, gli effetti di esso non dovrebbero estendersi alle prestazioni già eseguite in merito alle quali nessun inadempimento sia stato dedotto.
La qualificazione, nella specie, del contratto intercorso tra sindaco e società come contratto a esecuzione continuata ha indotto la Corte a verificare quale sia l’incidenza del riscontro che l’inadempimento del sindaco dell’obbligazione di controllo è risultato riferito ad un solo esercizio, laddove la controprestazione – consistente nel pagamento del relativo compenso – della quale è stato richiesto l’adempimento concerne anche gli esercizi successivi; e dunque, in particolare, ad accertare se, a fronte di un adempimento maturato nel corso di un esercizio annuale, risulti legittima l’eccezione d’inadempimento formulata per esonerare la società dal pagamento della relativa retribuzione anche per gli esercizi successivi.
Sul punto, la Corte ha osservato che l’adempimento della prestazione di controllo, a cui sono tenuti i sindaci, appare suscettibile di essere considerata partitamente, per frazioni di tempo.
Sulla base di tale considerazione, si è, dunque, altresì, soffermata a verificare come operi il rimedio invocato dell’eccezione di inadempimento con riguardo al caso in cui, nell’ambito dei contratti ad esecuzione continuata, ad un primo periodo di inadempimento facciano seguito – come è accaduto nella fattispecie – periodi successivi di adempimento.
A tale riguardo, il provvedimento qui in esame ha rilevato che nulla porta a escludere che il rimedio possa trovare applicazione nel caso in cui, con riguardo ad un’obbligazione suscettibile di esecuzione continuativa, le situazioni, rispettivamente, di inadempimento e di adempimento vengano ad alternarsi l’una all’altra; e in particolare allorché – come nella fattispecie – ad un primo periodo (annuale) di inadempimento seguano ulteriori periodi di adempimento.
Sulla base di tali principi, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso per cassazione proposto dal fallimento della società; e ha pertanto integralmente confermato la sentenza impugnata.