Risponde di colpa lieve la banca che sbaglia a pagare l’assegno non trasferibile

Nel caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte, una compagnia di assicurazioni aveva convenuto in giudizio il proprio istituto di credito per aver emesso un assegno non trasferibile intestato a un assicurato che era stato incassato da un soggetto munito di carta d’identità e codice fiscali falsi che si era spacciato per il legittimo beneficiario.

L’attrice, dunque, aveva eccepito che la Banca non aveva adempiuto agli obblighi di legge di cui al R.D. n. 1736/1933 poiché non aveva provveduto né a pagare l’assegno al prenditore, né al dovere di identificare con diligenza colui che aveva presentato l’assegno all’incasso. In ragione di ciò, chiedeva il risarcimento del danno per essere stata costretta a rinnovare il pagamento dovuto all’effettivo titolare del credito da indennizzo.

Costituitasi in giudizio, la banca negò la propria responsabilità, deducendo che il portatore dell’assegno si era presentato ai suoi sportelli esibendo carta di identità e codice fiscale corrispondenti alle generalità dell’effettivo beneficiario e che, non essendo emerse irregolarità, gli era stato consentito di aprire un libretto di risparmio nominativo sul quale era stata accreditata la somma rinveniente dall’incasso del titolo, che era stata poi prelevata fino all’azzeramento del credito, prima che la banca ne chiedesse la restituzione. La convenuta chiese pertanto il rigetto della domanda ed in subordine, ottenuta l’autorizzazione a chiamare in causa la banca emittente, chiese di essere da questa interamente manlevata.

Il tribunale adito, accolse parzialmente la domanda dell’assicurazione, rigettando la domanda di manleva della convenuta. Tale decisione, è stata, tuttavia, riformata dalla Corte d’Appello.

Avverso tale sentenza, la Compagnia di assicurazione ha proposto ricorso per cassazione.

Ciò posto, la questione di diritto sulla quale il Supremo Consesso è stato chiamato a pronunciarsi, concerne l’interpretazione dell’art. 43, comma 2, L.A., che stabilisce che “colui che paga un assegno non trasferibile a persona diversa dal prenditore o dal banchiere giratario per l’incasso, risponde del pagamento”.

A tal riguardo, assume rilievo la sentenza n. 14712 del 2007, con cui le Sezioni Unite sono intervenute per comporre un precedente contrasto di giurisprudenza sorto circa la natura contrattuale o extracontrattuale della responsabilità derivante dal pagamento dell’assegno non trasferibile a persona diversa dal soggetto prenditore.

Con tale sentenza, è stato precisato che l’espressione “colui che paga”, adoperata dall’art. 43, comma 2, della Legge Assegni deve essere intesa in senso ampio, così da riferirsi non solo alla banca ma anche alla banca negoziatrice, che è l’unica concretamente in grado di operare controlli sull’autenticità dell’assegno e sull’identità del soggetto che, girandolo per l’incasso, lo immette nel circuito di pagamento; pertanto, va riconosciuta la natura contrattuale alla responsabilità cui si espone il banchiere che abbia negoziato un assegno munito della clausola di non trasferibilità in favore di un soggetto non legittimato.

Nel caso in esame, le Sezioni Unite, condividendo la summenzionata pronuncia hanno ribadito che la responsabilità della banca negoziatrice per avere consentito, in violazione delle specifiche regole poste dall’art. 43 Legge Assegni (i.e. R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736), l’incasso di un assegno bancario, di traenza o circolare, munito di clausola di non trasferibilità, a persona diversa dal beneficiario del titolo, ha natura contrattuale, avendo la banca un obbligo professionale di protezione nei confronti di tutti i soggetti interessati al buon fine della sottostante operazione, di far sì che il titolo stesso sia introdotto nel circuito di pagamento bancario in conformità alle regole che ne presidiano la circolazione e l’incasso.

Alla luce di ciò, si delinea una responsabilità da contatto sociale qualificato, secondo gli artt. 1176 e 2118 c.c., per cui, nel caso di specie, la banca negoziatrice che ha pagato l’assegno non trasferibile a persona diversa dall’effettivo prenditore deve provare che l’inadempimento non è a lei imputabile, per aver essa assolto alla propria obbligazione con la diligenza dovuta ai sensi dell’art. 1176 c.c., comma 2, in quanto operatore professionale, tenuto a rispondere del danno anche in ipotesi di colpa lieve.

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