Responsabilità medica: spetta al paziente la prova del rifiuto all’intervento

La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17322/2020, si è soffermata sull’interessante questione relativa alla ripartizione dell’onere della prova ove si verta in tema di risarcimento del diritto (violato) all’autodeterminazione del paziente in caso di somministrazione di trattamenti e cure mediche.

Più in particolare, e vertendosi nel caso specifico di omissione del consenso informato, la Cassazione nella pronuncia de qua ha ritenuto opportuno seguire il proprio precedente orientamento a mente del quale la predetta omissione potrebbe produrre un doppio ordine di danni: 1) alla salute, qualora il paziente provi che, se debitamente informato, avrebbe rifiutato l’intervento cui conseguiva il danno subito; 2) all’autodeterminazione, ove, invece, egli abbia subito una diminuzione patrimoniale (o altro tipo di pregiudizio non monetario) differente rispetto alla lesione di cui al precedente punto e pur sempre conseguente alla condotta omissiva imputabile al sanitario.

Nella sentenza in commento, dunque, la Suprema Corte ha ribadito come la manifestazione del consenso da parte del paziente costituisca, ex se, l’esplicazione del proprio diritto all’autodeterminazione, cui consegue, specularmente, il dovere del sanitario che dovrà fornire al paziente tutte le informazioni – che necessariamente dovranno riguardare anche i rischi e i danni che potrebbero conseguire alla procedura medica – affinchè egli possa prestare un consenso al trattamento che sia reale manifestazione del predetto diritto all’autodeterminazione.

Per tale ultima ragione, allora, ove sia configurabile una omissione imputabile al sanitario che riguardi l’informativa – a cui sia poi conseguita la mancata richiesta del consenso – potrà prodursi un danno autonomo rispetto all’eventuale lesione al diritto alla salute del paziente.

La mancata informativa, infatti, produrrà una lesione del diritto alla autodeterminazione, giacché il paziente, privo normalmente delle conoscenze necessarie a valutare i danni e i rischi che potrebbero conseguire alla procedura medica, si troverà privo della libertà di decidere scientemente (e indipendentemente) se sottoporsi o meno al trattamento (cioè, di “autodeterminarsi” quanto all’opportunità di affrontare il piano terapeutico proposto).

La Corte, poi, si sofferma sulla ripartizione dell’onere probatorio, specificando, per quanto maggiormente interessa in questa sede, come in caso di omesso consenso informato spetti al paziente allegare e provare il rifiuto a sottoporsi all’intervento o alla procedura, in tal modo potendosi configurare la sussistenza del nesso causale e la prova che, in caso di corretta informativa, il paziente avrebbe rifiutato il trattamento medico imputato (indipendentemente dal fatto che a quest’ultimo sia conseguito, o meno, un danno alla salute autonomamente valutabile).

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