Patto fiduciario: è obbligatoria la restituzione del bene anche se l’accordo è solo verbale

La Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 15385/2020, si è pronunciata in relazione alla forma che dovrà rivestire l’obbligo posto in capo al fiduciario, attraverso il c.d. patto fiduciario (pactum fiduciae), di ritrasferire il bene immobile a egli previamente trasferito dal fiduciante.

Sul punto, e prima di soffermare l’attenzione sulla pronuncia in esame, occorrerà rammentare in cosa consista, più in generale, il negozio fiduciario nel cui ambito si inserisce il pactum fiduciae.

Secondo la migliore dottrina che ha tentato di inquadrare questa particolare fattispecie, il negozio de quo potrà identificarsi con quella fattispecie caratterizzata dal trasferimento – operato da un soggetto meglio identificato con il termine “fiduciante” – di un bene (immobile o, con maggiore frequenza, mobile: es. quote di società a responsabilità limitata, azioni, etc.) ad altro soggetto, detto “fiduciario”, con la previsione espressa – ed ecco il “patto fiduciario” – che il nuovo intestatario sfrutterà e disporrà del bene secondo le indicazioni ricevute dal fiduciante, ritrasferendoglielo quando convenuto.

Ebbene. Nella sentenza in commento, che ha esaminato la quaestio dal punto di vista della prova dell’accordo restitutorio, si è affrontato il problema della forma che tale ultimo negozio dovrà rivestire e, più in particolare, se nella stipula occorrerà necessariamente la forma scritta ad substantiam.

La Suprema Corte muove, al fine di risolvere la controversia de qua, dalla natura attribuibile al patto fiduciario, ritenendo, sulla scorta della recentissima Cass. SS.UU. 6459/2020 che ha appunto affrontato il problema sotto il profilo probatorio dell’accordo restitutorio, di poterne sussumere la figura nell’ambito di operatività del mandato senza rappresentanza.

Sicché, e proprio in ragione del fatto che il negozio potrà considerarsi alla stregua di mandato senza rappresentanza, non occorrerà la forma scritta ad substantiam pure ove esso abbia a oggetto beni immobili.

Di conseguenza, ogni prescrizione riguardante la forma del pactum potrà dirsi osservata in presenza di una mera dichiarazione unilaterale – che potrà essere redatta dal fiduciario per iscritto (senza che ciò però sia richiesto ai fini della validità della predetta dichiarazione) – attraverso cui quest’ultimo si impegni, specificando che ciò avverrà in conseguenza dell’impegno assunto attraverso il patto fiduciario, a ritrasferire al fiduciante il bene immobile. Tale ultimo accordo, per la cui validità, come appena detto, non è richiesta la forma scritta ad substantiam, sarà un mero accordo interno provvisto di effetti obbligatori, soddisfatto, appunto, anche se rivestito della sola forma orale (ciò che, al più, e lo si tenga ben presente, potrà comunque recare problematiche sotto il profilo probatorio).

Dunque, e in conclusione, la Suprema Corte nella sentenza qui in commento afferma chiaramente come l’obbligo alla restituzione del bene, anche ove quest’ultimo sia immobile, derivando a sua volta dal pactum fiduciae – assimilabile al mandato senza rappresentanza (in relazione al quale non è richiesta la forma scritta ad substantiam) – sarà valido anche ove concluso oralmente. Di conseguenza, la controversia che potrà insorgere sotto tale profilo tra le parti riguarderà, al più, la prova del pactum, non la presunta mancanza di forma scritta.