Parziale irregolarità urbanistica e dichiarazioni mendaci del venditore: profili di responsabilità notarile

La Cassazione Civile con la sentenza n. 33439/2022 ha statuito che: “In un giudizio risarcitorio in cui l’acquirente di un immobile, rivelatosi parzialmente difforme dal titolo edilizio originario, invochi la responsabilità del notaio rogante in solido con l’alienante, il giudice deve accertare se l’obbligazione di informazione e consiglio gravante sul pubblico ufficiale sia stata adempiuta”.

IL CASO

La parte acquirente citava innanzi al Tribunale di Nola, fra gli altri, il notaio per aver stipulato un atto di compravendita avente ad oggetto un appartamento di cui, successivamente al rogito, il Comune aveva dichiarato la non abitabilità, per esser stato lo stesso realizzato in parziale difformità dal titolo urbanistico, con la creazione di un vano sottotetto per un’altezza non conforme a quella consentita.

Il compratore, nella specie, lamentando la responsabilità del professionista per non essersi avveduto della mendacità delle dichiarazioni dell’alienante circa la regolarità edilizia sostanziale di quanto venduto, richiedeva che entrambi in solido risarcissero il danno subito.

Il giudice di prime cure accoglieva la domanda, condannando altresì il notaio a risarcire l’attore nella misura corrispondente alle spese da sostenersi per la riduzione in pristino dello stato dei luoghi, imposta dall’autorità comunale, adducendone la responsabilità per inadempimento degli obblighi di verifica e controllo in seno all’attività preparatoria al rogito.

Il notaio proponeva appello principale, che la Corte d’Appello di Napoli accoglieva con sentenza del 15 luglio 2019, così rigettando la domanda dell’acquirente.

Secondo i giudici di secondo grado, infatti, il notaio non poteva rispondere civilmente per aver omesso di accertare la veridicità delle dichiarazioni del dante causa circa l’esatta consistenza dell’unità venduta e aver dato per certe le emergenze della planimetria, avendo, piuttosto, ben descritto l’immobile per vani catastali, e non per vani abitabili.

Risultato soccombente, l’acquirente presentava ricorso in cassazione, che veniva accolto.

La III Sezione Civile della Suprema Corte, cassando la sentenza impugnata, rinviava alla corte territoriale un più approfondito giudizio sugli obblighi professionali del pubblico ufficiale, affinché sia tenuto nella dovuta considerazione, oltre a quello di verifica e controllo, anche e soprattutto il dovere d’informazione e consiglio, sul cui effettivo inadempimento è da decidersi.

LA SOLUZIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE

La Corte d’Appello aveva escluso omissioni e/o inadempimenti da parte del notaio, ritenendone comprovata la correttezza di condotta nella stessa descrizione dell’immobile resa in atto, operata per vani catastali e non già per vani abitabili, sancendo altresì che, sulla base del doveroso controllo documentale preliminare, non sarebbe stato possibile per il professionista avvedersi di eventuali difformità dal titolo abilitativo e, men che meno, rispondere del mendacio dell’alienante, non potendo quest’ultimo agevolmente confutarsi in base ai riscontri documentali disponibili.

Ebbene, proprio la motivazione della sentenza d’appello è stata censurata dalla Suprema Corte perché, concentrandosi il Giudice di merito unicamente sull’attività di accertamento e verifica istruttoria, avrebbe omesso di valutare se il notaio, in ragione di quanto appurato nell’espletamento del proprio mandato secondo la propria diligenza professionale, abbia effettivamente assolto ai propri obblighi di informazione e consiglio verso un cliente per definizione privo delle competenze tecniche idonee anche solo a dubitare delle dichiarazioni dell’alienante.

I giudici di secondo grado avrebbero cioè trascurato quei principi, consolidati in giurisprudenza, secondo cui sarebbe incluso nell’incarico notarile, al fine della garanzia di certezza e serietà dei traffici giuridici, nonché del conseguimento del risultato voluto ed esplicitato dal cliente, il rispetto dei canoni di correttezza e buona fede oggettiva ex artt. 1175 e 1375 c.c., destinati inevitabilmente a intrecciarsi con l’obbligo di diligenza professionale.

Il pubblico ufficiale è pertanto tenuto ad assolvere nel modo più ampio e trasparente al proprio obbligo informativo, anche, in funzione di dissuasione ovvero invito a ulteriore approfondimento.