La sentenza di fallimento di S.a.s. non si estende ai soci non dichiarati falliti

La Cassazione civile con l’ordinanza n. 16777/2021 ha statuito che la sentenza dichiarativa di fallimento della società con soci illimitatamente responsabili va notificata dal cancelliere alla società e ai soli soci dichiarati falliti secondo la decisione assunta nella pronuncia stessa, non potendo la nozione di debitore, nella lettura corrente degli artt. 17 e 18 l.f., includere altri soci illimitatamente responsabili i quali, sebbene destinatari delle istanze di fallimento nel corso dello stesso procedimento, non siano stati dichiarati falliti all’esito, per essi pertanto decorrendo il termine d’impugnazione della sentenza, quali interessati, dalla iscrizione della stessa nel registro delle imprese.

Fatto

V.L. impugna la sentenza della Corte d’Appello che ha rigettato il suo reclamo interposto, quale socio illimitatamente responsabile, avverso la sentenza dichiarativa di fallimento di R. S.A.S., emessa da Trib. Pisa 22.2.2017.

La corte ha premesso che: a) I. B. aveva proposto domanda di fallimento di R.V. & S. S.A.S., prospettando un credito di lavoro di circa 31 mila euro, conseguendone la notifica del ricorso anche alla socia illimitatamente responsabile V. in data 31.1.2017 per il tramite del Consolato italiano a Mauritius, successivamente alla data fissata al 25.1.2017 per l’audizione; b) il tribunale, così, dichiarava il fallimento della s.a.s. e dell’altro socio illimitatamente responsabile, fissando altra udienza successiva (cioè per il 14.6.2017) per la riconvocazione della V., cui veniva notificata l’istanza, ancora alle Mauritius e a cura dell’istante, il 12.5.2017; c) V., sul presupposto di non avere prima di detta data ricevuto copia integrale della sentenza di fallimento della società, proponeva reclamo ex art. 18 l.f. avverso il fallimento della s.a.s., contestandone i presupposti soggettivi.

La Corte d’Appello ha rigettato il reclamo.

Il ricorso è su quattro motivi.

La decisione della corte di cassazione

La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, ha osservato che nel procedimento prefallimentare non vi è litisconsorzio necessario tra società e soci illimitatamente responsabili, non potendo questi ultimi contestare il fondamento della dichiarazione di fallimento della società, ma unicamente opporsi alla estensione del fallimento nei loro confronti, facendo valere l’eventuale estraneità alla compagine sociale» (Cass.17765/2016);

Si tratta di principio che invero, come detto, da un canto non sottrae al socio la legittimazione a impugnare il fallimento della società in sé inteso, circoscrivendo e qualificando tuttavia il suo interesse, pur legittimante il reclamo ex art.18 l.f., in modo diverso rispetto quello sotteso alla qualità di fallito in senso stretto, ove la contestazione sia condotta avendo riguardo alla posizione della società e non anche o solo quanto al socio; d’altro canto, lo stesso art. 147 co. 3 l.f. testualmente impone solo che il tribunale, prima di dichiarare il fallimento dei soci illimitatamente responsabili, ne disponga la convocazione a norma dell’art.15 l.f., così fissando l’unica condizione di garanzia processuale per la sentenza che dia attuazione al principio dell’art. 147 co. 1 l.f.; quest’ultimo, a sua volta, in tanto può dirsi tuttora “automatico”, per consuetudine lessicale, in quanto applicativo di una regola di statuto per le società con soci illimitatamente responsabili, ma con l’avvertenza che la citata ordinaria produzione di effetti è intermediata processualmente dal menzionato contraddittorio e, sul piano sostanziale, dal duplice criterio del non decorso dell’anno (da scioglimento del rapporto sociale o cessazione della responsabilità immediata) e della insolvenza qualificata (per l’esistenza di debiti sociali all’epoca della cessazione predetta).