La perdita della continuità aziendale non rende impossibile conseguire l’oggetto sociale

Il Tribunale di Firenze con la sentenza 3302/2021 ha affermato che: "lo scioglimento della società per impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale, ai sensi dell’art. 2484, comma 1, n. 2 c.c., non è configurabile quando la continuità aziendale appaia recuperabile con scelte organizzative o commerciali e sussista la possibilità di attingere a risorse finanziarie per attuarle".

Il Tribunale di Firenze era chiamato a decidere un’azione di responsabilità promossa da una curatela fallimentare nei confronti degli amministratori di una s.r.l. fallita, cui veniva – fra l’altro – imputato di avere proseguito l’attività omettendo di rilevare la causa di scioglimento della società rappresentata dall’impossibilità di conseguire l’oggetto sociale.

La curatela attrice aveva infatti allegato che la perdita della prospettiva di continuità aziendale da parte della società si fosse tradotta nella causa di scioglimento prevista dall’art. 2484, comma 1, n. 2 c.c.

Ciò premesso, si osserva che: secondo i principi contabili nazionali e internazionali, per “continuità aziendale” deve intendersi la capacità dell’impresa di continuare a svolgere la propria attività in un prevedibile futuro senza che vi sia né l’intenzione né la necessità di metterla in liquidazione, di cessare l’attività o di assoggettarla a procedure concorsuali come previsto dalla legge o da regolamenti, almeno neisuccessivi 12 mesi.

Com’è noto, infatti, le società di capitali entrano in stato di scioglimento al verificarsi di una delle cause indicate dall’art. 2484, comma 1, c.c., fra cui rientrano “il conseguimento dell’oggetto sociale” e “la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo, salvo che l’assemblea, all’uopo convocata senza indugio, non deliberi le opportune modifiche statutarie”.

Sul punto, tuttavia, la giurisprudenza prevalente propende per la diversa opinione secondo cui l’impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale, necessaria per configurare una causa di scioglimento della società, deve essere oggettiva, assoluta e irreversibile.

Si deve quindi trattare di situazioni di crisi assoluta in cui non sussistono azioni ragionevoli e appropriate per il superamento della crisi.

Finché la continuità è recuperabile attraverso scelte di organizzazione aziendale o commerciali ed è possibile attingere a risorse finanziarie per attuare tali scelte, non sussiste l’impossibilità definitiva di perseguire l’oggetto sociale e non si deve procedere allo scioglimento della società.

Ai fini dello scioglimento, pertanto, non sono ritenuti sufficienti gli eventi che pongono in dubbio la continuità aziendale, dovendosi invece valutare la capacità della società di dare una soluzione a tali problematiche.

In particolare, nella pronuncia in commento, il Tribunale di Firenze osserva che, a differenza dell’ipotesi di scioglimento per perdita del capitale sociale, che ai sensi dell’art. 2484, comma 1, n. 4, c.c. prende in considerazione la dimensione economica della società, ossia la sua capacità di affrontare il rischio di impresa con il proprio capitale, lo scioglimento per perdita di una prospettiva di continuità aziendale e conseguente impossibilità di conseguire l’oggetto sociale, ex art. 2484, comma 1, n. 2, c.c., si riferisce alla dimensione funzionale, ossia alla possibilità materiale e giuridica di svolgere l’attività prefissata.

Pertanto, a differenza dell’ipotesi in cui la società non ha più la quantità minima di capitale richiesta dalla legge, in cui vi è la possibilità di verificare la causa di scioglimento in termini aritmetici ed economici, l’impossibilità di perseguire l’oggetto sociale non è rigidamente misurabile e non è ancorata a un giudizio retrospettivo e obiettivato, bensì prospettico e previsionale.

Nel caso deciso dai Giudici fiorentini, la società presentava indici di impresa indubbiamente negativi, ma disponeva di un’azienda, era ancora presente sul mercato, aveva un capitale proprio ed aveva ancora la possibilità di ottenere credito da terzi: sulla base di tali elementi la pronuncia in commento ha escluso la ricorrenza della perdita di una prospettiva di continuità aziendale e, conseguentemente, dell’impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale per insolvenza della società, negando quindi la sussistenza di un obbligo risarcitorio, a carico degli amministratori, per i danni derivanti dal ritardato scioglimento della società.

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