La Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza 17391/2020, ha esaminato il ricorso ex art. 111 Cost. presentato da un piccolo imprenditore agricolo avverso il decreto del Tribunale di Civitavecchia attraverso cui, più in particolare, era stato respinto il reclamo presentato contro il diniego alla omologazione della proposta di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento mediante cui si era prospettato il pagamento dilazionato – in anni cinque – di un credito ipotecario.
Secondo il Tribunale, infatti, il diniego doveva necessariamente conseguire al dettato normativo contenuto nell’art. 8. L. 3/2012 ove, a ben vedere, si contempla la possibilità che la moratoria relativa alla proposta di accordo si estenda fino a un anno, sempre che sussista, altresì, il requisito della continuazione dell’attività di impresa.
Conseguentemente, la proposta di accordo de qua non avrebbe potuto essere omologata, giacché sarebbe stata carente del presupposto di fattibilità giuridica, rilevabile peraltro d’ufficio.
La Suprema Corte, tuttavia, ha deciso di accogliere il ricorso presentato dall’imprenditore, così disattendendo gli argomenti in proposito espressi dal Tribunale.
Secondo la Cassazione – che, sul punto, non manca di richiamare il proprio orientamento conforme già espresso in Cass. 17834/2019 – negli accordi di ristrutturazione del debito sarà giuridicamente possibile prevedere la dilazione del pagamento dei crediti prelatizi che superi l’anno dall’omologazione ex art. 8, comma 4, L. 3/2012.
Ciò, secondo la Cassazione, potrà avvenire anche a prescindere dal requisito della continuità aziendale e, in ogni caso, purché si attribuisca a quanti subiscano una perdita economica conseguente al ritardo nella percezione delle somme spettanti il diritto di voto o, qualora si rientri nell’ambito di operatività dei piani dei consumatori, sempre che a questi ultimi sia data la possibilità di esprimersi in relazione alla proposta formulata dal debitore.
In conseguenza di quanto rilevato, dunque, la Suprema Corte ha ritenuto di dover cassare la decisione impugnata, rilevando, peraltro, come la proposta di dilazione quinquennale non avrebbe integrato una questione di fattibilità giuridica del piano, quanto, piuttosto, di convenienza economica per i creditori.
Da ciò, peraltro, la Corte trae una conseguenza di portata generale, sottolineando come, anche ove si versi in ipotesi di piani di piani di pagamento «…con orizzonte temporale rilevante…» e, che, più nello specifico, prevedano ipotesi di pagamento ultrannuali, non si verserà automaticamente in un caso di illegittimità delle stesse. Occorrerà, infatti, che sul punto si esprimano i creditori muniti del diritto di voto, unici “arbitri” legittimati a esprimere una valutazione circa la convenienza economica della proposta.