Nel caso in esame il Tribunale di Bologna si è pronunciato circa la responsabilità degli amministratori e degli organi di controllo di società di capitali.
Nel 2016 la curatela fallimentare di una S.p.a. ha citato in giudizio, ai sensi dell’art. 146 L.F. gli ex amministratori, gli ex sindaci e i revisori della società fallita, addebitando loro gravi responsabilità per mancata diligenza nell’adempimento dei propri incarichi.
A sostegno della propria domanda, la curatela ha dedotto che gli amministratori avevano gestito la società in modo illegittimo, avevano illecitamente distribuito utili e avevano posto in essere condotte distrattive.
In particolare:
(i) per quanto riguarda l’organo di controllo interno, la curatela ha fatto valere sia una responsabilità diretta, derivante dal mancato rispetto delle norme imposte dalla legge e dallo statuto, sia quella solidale con gli amministratori per omessa vigilanza sul loro operato;
(ii) con riferimento ai soggetti incaricati della revisione, la procedura fallimentare ha contestato loro di aver concorso al deterioramento patrimoniale della società, non rilasciando un giudizio negativo sul bilancio.
I convenuti si sono costituiti in giudizio, contestando le richieste della curatela e chiedendo il rigetto delle domande attoree. In particolare, i soggetti incaricati del controllo contabile hanno eccepito sia il difetto di legittimazione attiva e di titolarità della curatela, sia il loro difetto di legittimazione passiva.
Il Tribunale di Bologna, con il provvedimento in commento, non ha deciso la questione nel merito, rimettendo la causa in istruttoria; allo stesso tempo ha respinto le eccezioni preliminari proposte dai convenuti.
Il problema posto all’attenzione del giudicante è se la responsabilità degli organi di controllo si estenda anche al soggetto incaricato della revisione legale dei conti.
Nell’azione di responsabilità esercitata dal curatore fallimentare ai sensi dell’art. 146 L.F., convogliano sia l’azione sociale di cui all’art. 2393 c.c., sia quella dei creditori sociali di cui all’art. 2394 c.c.; le due azioni si cumulano inscindibilmente e restano ciascuna assoggettata al regime che è loro proprio. Da ciò ne deriva che attraverso l’azione di responsabilità, la curatela esercita un diritto rinvenuto nel patrimonio della società fallita, subentrando nella medesima posizione di questa (cfr. Trib. Milano, sez. specializzata in materia di imprese, 15 settembre 2016).
Con riferimento agli organi di controllo, il secondo comma del summenzionato articolo usa una formulazione ampia; infatti, non vi è alcun specificazione né dei soggetti destinatari dell’azione di responsabilità, né del tipo di controllo da questi esercitato.
Nel caso in esame, il Tribunale di Bologna ha affermato che la norma non si riferisce unicamente all’organo di controllo interno alla società, ma anche ai revisori, in quanto soggetti cui è demandato il controllo contabile. Secondo quanto è dato leggere nella sentenza, la curatela è legittimata ad avviare tutte le azioni di responsabilità esperibili nei confronti dei soggetti che hanno operato all’interno della società.
L’orientamento del tribunale emiliano si pone in linea anche con quanto previsto dal D.lgs.vo n. 14 del 12 gennaio 2019 (Codice della Crisi di Impresa). Infatti, l’art. 255 del C.C.I. disciplina le azioni di responsabilità che possono essere avviate o proseguite dal curatore non individuando espressamente i legittimati passivi dell’azione, con la conseguenza che non vi è motivo per escludere chi ha esercitato il controllo legale dei conti.
Laddove, tuttavia, venga promossa l’azione di responsabilità nei confronti del revisore, sulla curatela grava l’onere di dimostrare sia che il convenuto non abbia prestato la propria opera con quella particolare diligenza richiesta dal tipo di attività svolta, sia che dalla rappresentazione non corretta della situazione economica, patrimoniale e finanziaria della società sia derivato alla società stessa e ai suoi creditori un danno patrimoniale riconducibile all’inadempimento ascritto ai revisori.