Il caso
Il Tribunale di Roma – nella veste di Giudice del Registro delle imprese – era chiamato a decidere in ordine alla richiesta di cancellazione dal Registro medesimo delle trascrizioni e annotazioni relative alle misure di prevenzione penale (sequestro e confisca) adottate a carico di un soggetto socio di alcune società, misure successivamente revocate: tali iscrizioni – che non comparivano più nelle visure ordinarie delle società – continuavano ad essere invece presenti nelle visure storiche di tali imprese.
Occorre ricordare che il Registro delle imprese, tenuto presso le Camere di Commercio, è stato istituito in virtù dell’art. 8 L. 29 dicembre 1993, n. 580 e del relativo regolamento di attuazione (D.P.R. 7 dicembre 1995, n. 581). La completezza, l’organicità e la tempestività delle informazioni societarie costituiscono caratteristiche del Registro: chiunque ha diritto di consultare i dati tramite il sistema informativo della Camera di Commercio territoriale, che è tenuta a rilasciare copia dei dati a chi lo richieda. L’obbligo della pubblicità degli atti societari è previsto anche dalle norme europee.
Il Registro delle imprese assicura quindi una forma di pubblicità legale, volta a tutelare l’affidamento dei terzi e a garantire la sicurezza del mercato: l’adempimento pubblicitario risponde a un principio di tutela del sistema economico e di tutela dell’ordine pubblico.
Ciò premesso, è legittimo chiedersi quale sia il periodo temporale di durata del mantenimento della notizia nel Registro delle imprese e se l’interessato possa avanzare alla Camera di Commercio domanda di cancellazione di un dato quando si possa considerare esaurita la finalità pubblicitaria dell’iscrizione pregiudizievole: si contrappongono qui, da un lato, l’interesse collettivo alla certezza ed alla trasparenza dell’informazione societaria e, dall’altro, il diritto del singolo soggetto all’oscuramento del dato lesivo della propria immagine.
La soluzione adottata dal tribunale
Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, nel nostro sistema normativo non sussiste una norma che stabilisca eccezioni alla regola della perpetuità delle iscrizioni pubblicitarie riguardanti le imprese, risultando legittima e rispondente a un obbligo legale la conservazione nel Registro delle imprese delle informazioni ivi trascritte, prevalendo le esigenze della pubblicità commerciale sull’interesse del privato a impedirla, in funzione delle ragioni di certezza nelle relazioni commerciali che l’istituzione del Registro delle imprese soddisfa.
Il tempo “necessario” per garantire lo scopo di pubblicità commerciale del Registro delle imprese coincide, secondo la Suprema Corte, con quello dell’operatività, anche potenziale, sul mercato del soggetto cui la notizia si riferisce, essendo il Registro per sua natura destinato a fornire in modo durevole, non prevedibile nella sua utilità cronologica e nei confronti di una pluralità indeterminata di soggetti, tutte le informazioni in esso contenute, derivanti da precisi obblighi di deposito ed iscrizione di atti e documenti: la pubblicità commerciale non ha, per sua natura, una scadenza temporale e pertanto è difficile valutarne la perdurante utilità.
La pronuncia in commento dà atto delle conclusioni cui è pervenuta la giurisprudenza di legittimità e quella comunitaria, condividendo il principio secondo cui le esigenze della pubblicità commerciale prevalgono sull’interesse del privato a impedirla, in funzione delle ragioni di certezza nelle relazioni commerciali che il Registro delle imprese soddisfa.
Il Tribunale di Roma sottolinea, in primo luogo, che l’orientamento giurisprudenziale in questione si fonda sul presupposto per cui una determinata iscrizione non sia soggetta al diritto all’oblio allorché sia intervenuta sulla scorta dell’esistenza di tutti i presupposti, anche sostanziali, che la rendevano necessaria: ove invece un’iscrizione sia avvenuta in assenza dei requisiti di legge – come nel caso di specie in cui i presupposti che hanno dato origine alle iscrizioni relative al sequestro e alla confisca precedentemente disposti sono stati ritenuti, in sede penale, insussistenti – deve ordinarsi la cancellazione dell’iscrizione stessa. Si tratta, in sostanza, dell’applicazione, nel nostro ordinamento, del principio stabilito dalla Corte di Giustizia UE, laddove, nel dichiarare che non esiste diritto all’oblio per i dati personali contenuti nel Registro delle imprese, i Giudici europei hanno tuttavia riconosciuto la possibilità che il trascorrere del tempo possa consentire la limitazione dell’accesso a tali dati, in presenza di circostanze eccezionali, quali quella, esaminata dal Tribunale di Roma, di inesistenza dei presupposti che legittimavano l’emissione dei provvedimenti iscritti nel Registro delle imprese, vale a dire di illegittimità dei provvedimenti stessi.