L’emergenza da coronavirus allunga i termini entro cui può essere presentata l’istanza di fallimento delle società cancellate dal registro delle imprese solo a condizione che i creditori avessero inoltrato un ricorso per la dichiarazione di fallimento del debitore nel periodo 9 marzo- 30 giugno 2020 in cui tali ricorsi venivano dichiarati improcedibili in base al decreto legge 23/2020.
Con un decreto del 9 marzo scorso la Corte d’Appello di Napoli ha formulato una prima interpretazione applicativa della disciplina con cui, durante il primo lockdown del 2020, il legislatore aveva fermato i procedimenti per la dichiarazione di fallimento.
Secondo i giudici napoletani non si tratta di una moratoria generale ma di un rimedio riservato a favore dei soggetti che avevano assunto l’iniziativa volta a conseguire il fallimento del proprio debitore, rispettando il termine di un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, e non avevano potuto ottenerlo in quel particolare periodo.
Le regole sul blocco
Il decreto legge 8 aprile 2020, n. 23 (meglio noto come “decreto liquidità”), convertito con modificazioni dalla legge 5 giugno 2020 n. 40, aveva previsto all’articolo 10 che i ricorsi per la dichiarazione di fallimento depositati tra il 9 marzo e il 30 giugno di quell’anno dovevano essere dichiarati improcedibili.
La stessa disposizione al comma 3 si era poi occupata delle ipotesi in cui i ricorsi fossero presentati dai creditori al fine di ottenere la dichiarazione di fallimento di imprenditori cancellati dal registro delle imprese. In questi casi, l’articolo 10 della legge fallimentare prevede che, se lo stato di insolvenza si è manifestato anteriormente alla cancellazione o nell’anno successivo, i creditori possono chiedere la dichiarazione di fallimento dell’imprenditore che ha cessato l’attività, purché il ricorso venga presentato entro un anno dalla cancellazione.
Alla luce dello stop processuale introdotto dall’articolo 10, comma 1 del Dl 23, in sede di conversione fu aggiunto un nuovo comma3 (sempre l’articolo 10) in base al quale, se alla dichiarazione di improcedibilità di un ricorso presentato nel periodo 9 marzo-30 giugno 2020 fosse seguita l’istanza di dichiarazione di fallimento, non si sarebbe dovuto tenere conto di quel precedente arco temporale (pari a 114 giorni) ai fini del calcolo dell’anno decorrente dalla cancellazione dal registro delle imprese.
La condizione applicativa
Nel caso esaminato dai giudici napoletani il ricorso dei creditori per la dichiarazione di fallimento era stato presentato dopo che era trascorso un anno dalla cancellazione della società dal registro delle imprese. Il ricorrente sosteneva però che, in virtù dell’articolo 10 comma 3 del Dl 23/2020, il termine doveva essere considerato pari ad un anno e 114 giorni, perché il periodo dal 9 marzo al 30 giugno in cui l’istanza al giudice fallimentare sarebbe stata dichiarata improcedibile, non doveva essere computato, a prescindere dal fatto di aver (o non aver) presentato un ricorso durante la fase di blocco.
Secondo il creditore della società cancellata, la finalità del legislatore era quella di evitare la proposizione di ricorsi al giudice fallimentare e in ogni caso non vi sarebbe motivo per trattare in maniera differente chi aveva proposto un ricorso che sarebbe stato dichiarato improcedibile e chi, invece, non lo aveva proposto.
I giudici napoletani (che hanno confermato la sentenza di primo grado) spiegano però che il Dl 23/ 2020 non ha introdotto una sospensione generalizzata del termine di un anno entro il quale il creditore può inoltrare il ricorso per la dichiarazione di fallimento della società estinta: l’ha, invece, limitata a chi aveva assunto nel periodo di stop l’iniziativa volta a conseguire il fallimento del proprio debitore con l’obiettivo di non penalizzarli, nel computo del termine previsto dall’articolo 10 della legge fallimentare «tenuto conto del fatto che nel citato lasso tempo non potevano ottenere la dichiarazione di fallimento».
Secondo la Corte d’Appello di Napoli la disposizione emergenziale è chiara e consente di usufruire della sospensione dei termini soltanto a chi abbia depositato il ricorso nel periodo tra il 9 marzo 2020 e il 30 giugno 2020 ed abbia ottenuto una dichiarazione di improcedibilità, così potendo conseguire la declaratoria di fallimento del debitore entro il 30 settembre 2020, come previsto dal comma 3 dell’articolo 10.
Per questo i giudici napoletani distinguono la posizione della parte diligente che aveva assunto l’iniziativa tempestivamente da quella di chi era rimasto meramente inerte. La presentazione del ricorso “a vuoto”, perché improcedibile, viene pertanto considerata una condizione oggettiva per l’utilizzo della sospensione dei termini.