La legittimità di un finanziamento soci – opponibile al Fisco – richiede la regolarità formale delle delibere assembleari e delle scritture contabili, in tempi coerenti con l’andamento finanziario del periodo, diversamente l’erogazione finanziaria deve ritenersi re-immissione in azienda di utili occulti. In tal senso si è espressa la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 24746/2020.
La Suprema Corte con la summenzionata ordinanza ritornando ad affrontare il tema delle erogazioni dei soci a favore della società e mutando il suo precedente orientamento, riqualifica come ricavi occulti i finanziamenti dei soci privi di delibera assembleare.
La vicenda ha origine da un avviso di accertamento nel quale venivano contestati alla società, tra l’altro, omessi ricavi, che si desumevano dal conto debiti verso soci, dissimulando in tal modo, secondo l’Agenzia delle Entrate, un finanziamento del socio di maggioranza a favore dell’organizzazione societaria.
Avverso tale avviso la società, esperito negativamente il tentativo di accertamento con adesione, propone ricorso alla commissione tributaria, che in primo grado lo rigetta ritenendolo tardivo.
La commissione d’appello riforma la sentenza, affermando la tempestività del ricorso in considerazione dell’istanza di accertamento con adesione e, nel contempo, annullando la tassazione relativa alla voce “finanziamento soci”, in quanto sarebbe una mera supposizione dell’ufficio la ripresa a tassazione e una semplice irregolarità formale la redazione del verbale di assemblea.
Ricorre quindi per cassazione l’Avvocatura generale dello Stato, eccependo la violazione del secondo comma dell’art. 2467 c.c. sul presupposto che le erogazioni del socio maggioritario sarebbero state qualificate finanziamento sebbene non ricorressero le due ipotesi previste nella norma richiamata e precisamente:
- un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto, oppure
- una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento.
La Suprema Corte accoglie il ricorso e cassa con rinvio la sentenza impugnata ritenendo circostanza dirimente per la qualificazione di finanziamento dei soci la regolarità formale dell’operazione e, in particolare, la preventiva delibera assembleare, in mancanza della quale l’erogazione finanziaria deve ritenersi re-immissione in azienda di utili occulti.
Ai fini della qualificazione come finanziamento del versamento fatto dal socio alla società – affermano i giudici di legittimità – “è determinante la circostanza che l’operazione sia stata contabilizzata nel bilancio di esercizio che costituisce il documento contabile fondamentale nel quale la società dà conto dell’attività svolta e che rende detta operazione opponibile ai terzi, compreso l’Erario, essendo invece irrilevante la modalità di conferimento prescelta all’interno dell’ente, sicché non poteva essere degradata a mera irregolarità formale l’assenza di verbali assembleari sul punto, che non potrebbe spostare la natura delle operazioni avvenute, quando invece ne costituisce elemento contabile fondamentale al fine della qualificazione quale prestito soci” con la conseguenza che la forma prevale sulla sostanza.
La decisione merita attenzione perché modifica, come sopra detto, l’orientamento già espresso più volte dal Supremo Collegio, secondo il quale “l’individuazione della natura del versamento dipende dalla ricostruzione della comune intenzione delle parti, la cui prova va desunta in via principale dal modo in cui il rapporto ha trovato concreta attuazione, dalle finalità pratiche cui appare diretto e dagli interessi allo stesso sottesi, e solo in subordine dalla qualificazione che i versamenti hanno ricevuto in bilancio, la cui portata può risultare determinante, in mancanza di una chiara manifestazione di volontà negoziale, in considerazione della sottoposizione del bilancio all’approvazione di soci”.
In conclusione, per la decisione in commento, non basta la contabilizzazione in bilancio per rendere opponibile ai terzi e, in particolare, all’Erario, il finanziamento dei soci, che in mancanza del verbale assembleare di autorizzazione va riqualificato necessariamente come ricavo occulto e, in quanto tale, soggetto ad imposizione fiscale.